Questa trilogia di post descrive come raccogliere i dati di stampa da più fonti, per creare report da analizzare. Nella prima parte abbiamo parlato della raccolta dei dati e di come evitare “buchi neri” nei dati di stampa. In questa seconda parte esaminiamo la produzione, la pianificazione e la consegna dei report per attività quali il riaddebito, l’allocazione dei costi e la creazione di semplici report di riepilogo utili per la gestione.
In genere, i software per la contabilità delle operazioni di stampa restituiscono report tabellari. Come spiega la parola stessa, i report tabellari presentano i dati ordinati in righe e colonne, e sono ideali per le attività standard di reportistica transazionale, ad esempio per documentare i costi mensili dei vari reparti a scopo di riaddebito. Solitamente i dati di stampa sono restituiti per utente, stampante, ubicazione e raggruppamento, per reparto o centro di costo.
Molto diffusi sono anche i report “TOP N”, per utenti, dispositivi, stampa a colori ecc. e spesso sono presentati sotto forma di grafici a torta o a barre. Poiché sono utili e di impatto, alcuni fornitori di software fanno a gara su chi offra il set di report più ampio, con pacchetti che arrivano a più 100 report standard. Un’offerta così ricca fa sicuramente colpo, ma in realtà molti di questi report non sono che una semplice riproduzione dei primi 10 riproposti con layout diversi, come grafici a torta, a barre e a linee.
Dopo i formati tabellari e TOP N seguono i report in stile dashboard e riepilogo. Questi forniscono istantanee di alto livello delle attività di stampa all’interno di un’organizzazione, per un determinato periodo di tempo.
L’obiettivo principale è naturalmente la capacità di visualizzare e utilizzare i dati. Tuttavia la scelta di una soluzione per la gestione delle stampe o dell’output deve tenere conto di alcune importanti considerazioni.
Come verranno distribuiti i report, e qual è il formato più adatto per le parti interessate? La soluzione dovrebbe offrirvi flessibilità di pianificazione per generare e distribuire di report. Un ulteriore elemento da considerare è la possibilità di personalizzare il formato dei report per i diversi tipi di utenti. I formati PDF, PowerPoint, TIFF o MHTML vanno bene per chi non desidera apportare modifiche di formato. Microsoft Word può invece essere utile per chi voglia personalizzare e pubblicare i dati per una newsletter, mentre i formati Excel, CSV o XML sono ideali per chi deve intervenire sui dati o inserirli in un altro processo automatico.
Può accadere che una parte interessata aziendale richieda un report in un formato non presente nell’elenco standard. In questo caso, è possibile crearlo ex-novo? O ancora, è possibile modificare l’etichetta del report per evitare che il destinatario si allarmi o si agiti ogni volta che lo riceve?
Il sistema di reporting deve quindi offrire la flessibilità necessaria per creare e modificare le definizioni dei report mediante strumenti disponibili gratuitamente, così da rimanere indipendenti da servizi professionali esterni.
A questo punto, i dati di stampa sono disponibili, nel formato adatto, pronti per la consegna agli utenti finali. Ottimo. Ma ecco che si affaccia lo spettro del “GDRP” o di altri regolamenti sulla protezione dei dati... Benché non esistano applicazioni software in grado di garantire l’assoluta conformità al GDPR, esistono sicuramente funzioni che facilitano la vita del Data Controller (o titolare del trattamento dei dati). La piattaforma di reporting dovrebbe consentire un accesso granulare ai report e ai dati sottostanti, ossia solo ai singoli report (in linea con la politica di protezione dei dati della propria organizzazione) e dovrebbe essere protetta mediante Active Directory.
Nella Parte 3 esamineremo in che modo l’analisi può fornire visibilità sui dati e ulteriori approfondimenti.